Il Presidente: “L’e-commerce presenta aspetti fiscali e commerciali ancora poco chiari per i consumatori”
«L’ho detto e ripetuto più volte: il commercio urbano è costretto ad un confronto impari contro i colossi dell’ecommerce. Se i negozi di prossimità di Bari soffrono è anche per l’assenza di regole. Ecco allora che ‘i 121 milioni di euro sequestrati dalla Procura di Milano al gruppo Amazon – spiega Benny Campobasso, Presidente nazionale Fismo e Presidente Confesercenti Puglia – ingenera ulteriori dubbi sull’e-commerce che presenta aspetti fiscali e commerciali ancora poco chiari per i consumatori’.
L’imprenditore e rappresentante di Confesercenti Puglia stigmatizza la notizia di due giorni fa: ‘il Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, in un’inchiesta dei dati, ha sequestrato dei beni di Amazon. Secondo l’accusa Amazon sfruttava dei “serbatoi di manodopera”, un presunto sistema attraverso il quale grandi aziende si garantiscono “tariffe altamente competitive” sul mercato “appaltando” per i loro servizi di logistica la manodopera a cooperative, consorzi e società “filtro” in modo irregolare, con annesso “sfruttamento del lavoro”.
“Significa che i risparmi all’acquisto del consumatore sembrano in realtà un costo a carico sia sulla pelle dei trasportatori finali sottoposti ad un regime esuberante – sottolinea Campobasso – sia sui contribuenti che pagano le imposte e nella migliore delle ipotesi, l’imposta applicata sarà una web tax al 15% di gran lunga inferiore a quella che in Italia un qualsiasi imprenditore del commercio locale deve. Tutto questo, e molto altro, rivela a scapito del commercio di prossimità in gran sofferenza negli ultimi anni proprio a causa del dilagare dei colossi del commercio internazionali. È sotto gli occhi di tutti il processo di desertificazione commerciale delle Città, a rischio sono le attività di abbigliamento e alimentari che – gioco forza – portano a cambiare il volto e la percezione dei quartieri. Conseguenza di tale fenomeno è anche il calo dei prezzi delle case perché un quartiere buio, senza insegne, con le sue caratteristiche abitative, non è “sicuro” e quindi poco appetibile per il mercato immobiliare. Ci auguriamo quindi che queste meritorie inchieste siano l’ago che finalmente servano a fare chiarezza su un tema che ha ancora molti punti oscuri per tutti noi».
L’appello è sempre uno: preferite il commercio sotto casa a garanzia della qualità del lavoro dei piccoli imprenditori.